Rilevazione Luce di Bassa Intensità con PMT

Nel laboratorio di PhysicsOpenLab i fotomoltiplicatori non mancano !
Per questo motivo abbiamo pensato di utilizzare uno di questi strumenti per misure di fenomeni caratterizzati da emissione luminosa di bassa intensità quali ad esempio fosforescenza e bioluminescenza. Misure di questo tipo le abbiamo già fatte, ma con strumenti diversi, basati sulla tecnica del conteggio dei fotoni. Il conteggio dei fotoni è una tecnica utilizzata per misure di luminosità estremamente bassa, quando l’intensità luminosa non è così bassa la tecnica del conteggio dei fotoni non è più utilizzabile perché la frequenza degli impulsi diventa rapidamente troppo elevata per essere misurata.
In questi casi gli impulsi prodotti dal PMT si sovrappongono e producono una corrente con andamento continuo che può essere misurata con opportuni amplificatori.

La Strumentazione

Per l’alimentazione del PMT è stato utilizzato un generatore HV commerciale Matsusada, in grado di generare una alta tensione negativa, stabilizzata e regolabile, fino ad un massimo di 3kV. Questi generatori si trovano abbastanza facilmente sul mercato di eBay. Per questa realizzazione è stato scelto di mettere a potenziale zero l’anodo ed al potenziale negativo il catodo che deve quindi essere opportunamente isolato. Nella immagine sotto è riportato lo schema del partitore di tensione ed una immagine del generatore Matsusada J4-3N-LX.

R647VD

matsusada-precision-j4-3n-lx15

Il segnale viene prelevato direttamente dall’anodo, senza il condensatore di disaccoppiamento, dato che l’anodo ha potenziale nullo. I vantaggi di questo tipo di collegamento sono una maggiore “pulizia” del segnale e la possibilità di funzionare anche in regime continuo.
La foto-corrente generata dal fotomoltiplicatore viene inviata ad un amplificatore che converte il segnale in corrente in un segnale di tensione che viene acquisito e registrato dal Logger basato sul Raspberry Pi.

L’immagine sotto mostra il setup completo, comprensivo di HV power supply, scatola a tenuta di luce con il PMT, amplificatore e RasPi Logger.

Fotomoltiplicatore

Il fotomoltiplicatore che abbiamo adottato – mostrato nella immagine seguente – è il modello R647 Hamamatsu.

R6095

Specifiche del PMT R647 Hamamatsu

Type : Head-On
Size : 13mm
Photocathode : Bialkali
Max Voltage : 1250V
Bias Voltage : 1000V
Dynodes : 10
Rise Time : 2.1ns
Dark Current : 15nA
Gain : 1 x 106

Il tubo fotomoltiplicatore è stato inserito all’interno di un contenitore metallico a tenuta di luce : la “dark box”. Su di un lato della scatola sono stati posizionati i connettori BNC per l’alimentazione del tubo PMT e per prelevare il segnale dall’anodo. Nella immagine seguente si vede l’interno della “dark box” :

Amplificatore

Il segnale di corrente prodotto dal fotomoltiplicatore viene convertito ed amplificato da un opportuno amplificatore di carica. Si tratta di un elemento basato su amplificatore operazionale a basso rumore, nel quale il segnale di corrente viene convertito in un segnale di tensione. Le modalità di conversione sono essenzialmente due : attraverso una resistenza di feedback (Rf) oppure caricando un condensatore di feedback (Cf). Nel primo caso si ottiene quello che è noto come Amplificatore a Trans-Impedenza, mentre nel secondo si ottiene un Il Preamplificatore di Carica.

Nel caso dell’amplificatore a trans-impedenza il segnale in tensione riproduce fedelmente il segnale di corrente e la capacità Cf ha solo funzione di stabilizzare l’uscita ed impedire oscillazioni indesiderate, questa configurazione può essere utilizzata sia per segnali impulsivi che per segnali continui.
Nel caso del preamplificatore di carica, l’impulso di corrente viene “integrato” dalla capacità Cf, mentre Rf ha la funzione di “scaricare” Cf per impedire che l’uscita dell’amplificatore vada subito in saturazione, in questa configurazione l’andamento del segnale di ingresso non viene preservato. Questa configurazione si utilizza principalmente nel caso di segnali impulsivi.

Nel nostro caso abbiamo utilizzato una configurazione “ibrida”. Il fotomoltiplicatore genera una serie di impulsi ravvicinati che si sovrappongono e danno luogo ad una foto-corrente continua con delle variazioni casuali. Il nostro amplificatore converte la corrente con una resistenza di feedback Rf=150KΩ, ed il segnale in tensione viene livellato dalla capacità Cf=330pF. Insieme questi due componenti costituiscono un filtro passa-basso con frequenza di taglio f=3KHz.

In funzione del tipo di segnale in esame possiamo inserire in uscita un ulteriore filtro RC passa-basso in modo da ottenere un segnale ancora più livellato.
L’immagine sotto mostra il nostro amplificatore, con la sezione di alimentazione che produce la tensione bipolare +5V/-5V e con il filtro RC. Si noti che i componenti di feedback dell’amplificatore e del filtro sono posti su connettori in modo da poter essere facilmente cambiati in funzione dell’applicazione specifica.
Il segnale di uscita viene acquisito tramite ADC con un Raspberry Pi, come mostrato nel post ADC Logger con RasPI.

Misure di Fosforescenza

La fosforescenza è il fenomeno di emissione radiativa da parte di alcuni materiali / sostanze in seguito all’assorbimento di energia attraverso raggi ultravioletti (molto energetici) e la successiva riemissione sotto forma di luce visibile (a energia inferiore). I materiali fosforescenti continuano ad emettere luce anche fino a molte ore dopo la fine dell’illuminamento esterno. Quando tutta l’energia accumulata si esaurisce, il materiale non emette più luce.

Uno dei “fosfori” più utilizzati è il solfuro di zinco, drogato con argento oppure con rame. Il solfuro di zinco è un materiale interessante : il ZnS è un semiconduttore, un materiale cioè con la banda di valenza energetica inferiore riempita di elettroni e la banda di conduzione vuota. E’ noto che il gap energetico tra le due bande vale, nello ZnS, circa 350 kJ/mol (3,6 eV). Dato il grande gap energetico, solo una concentrazione molto piccola di portatori di carica è presente in condizioni normali di temperatura. Il drogaggio con rame, argento o manganese introduce livelli energetici elettronici intermedi all’interno della banda proibita. In questa situazione l’illuminazione con luce UV o anche con luce ambientale eccita gli elettroni portandoli dalla banda di valenza alla banda di conduzione. Il successivo meccanismo di ricombinazione elettrone-lacuna, attraverso i livelli energetici intermedi introdotti con il drogaggio, porta alla emissione della fosforescenza.

Il fenomeno della fosforescenza è stato oggetto di numerosi esperimenti, condotti con la tecnica del conteggio dei fotoni, come descritto nei post : Brillando nel Buio, Fosforescenza del Solfuro di Zinco e Preparazione di alcuni composti Fosforescenti.

La fosforescenza è spesso di intensità piuttosto elevata, questo rende necessario parzializzare il fotocatodo del PMT photon counter (ad esempio con un pin-hole) altrimenti lo strumento va in saturazione. Per questo motivo può essere utile utilizzare la tecnica della misura della foto-corrente al posto di quella del conteggio dei fotoni.
La prova che abbiamo fatto con il nostro setup è stata positiva, abbiamo acquisito i dati della luminosità della fosforescenza del solfuro di zinco con un rate di 100Hz, ottenendo la curva di decadimento mostrata nel grafico seguente. Il risultato è in accordo con quanto ottenuto nelle precedenti misurazioni.

Misure di Bioluminescenza

Con la nostra strumentazione abbiamo investigato il fenomeno della bioluminescenza. Si tratta di un fenomeno fisico affascinante che consiste nella emissione di luce da parte di organismi viventi. La bioluminescenza è stata osservata in numerosi organismi : dalle classiche lucciole fino a specie particolari di funghi, passando per numerosi organismi marini come crostacei, cefalopodi e pesci abissali. La bioluminescenza è un caso di chemiluminescenza (studiata nel post : Luminol (ITA)), presenta però caratteristiche che lo rendono unico ed interessante.

E’ noto che l’emissione luminosa è originata dalla reazione di ossidazione della proteina Luciferina, in presenza di ATP, questa reazione viene catalizzata dall’enzima Luciferasi. L’aspetto fondamentale di questa reazione è che si tratta di una reazione catalizzata da enzimi. In forma semplificata la reazione può essere descritta nel modo seguente :

Luciferina + O2 + ATP – (con Luciferasi) -> OssiLuciferina + AMP + CO2 + fotone (hν) 

La reazione continua fino ad esaurimento di uno dei reagenti (Luciferina, ATP), mentre l’enzima luciferasi non viene consumato dalla reazione.

La bioluminescenza che abbiamo studiato è quella prodotta dagli ostracodi, minuscoli crostacei con dimensioni attorno al millimetro. Abbiamo reperito (sul mercato online) dei campioni essiccati di questi crostacei, nella immagine sotto si vedono i crostacei inseriti in una provetta.

Per la misura abbiamo macinato finemente i crostacei ed abbiamo inserito in una provetta la polvere ottenuta, abbiamo aggiunto acqua, agitato il tutto e messo la provetta nella dark box per le misura della intensità della bioluminescenza.
I grafici sotto riportano la misura fatta con la nostra strumentazione. Il segnale prodotto dal PMT e successivamente amplificato, viene campionato con frequenza 100 Hz, la misura è proseguita per qualche minuto.

Dal grafico emergono alcune caratteristiche interessanti. La prima è che l’intensità luminosa iniziale è abbastanza elevata, infatti il grafico è “tagliato” per i primi 20 secondi perché l’amplificatore è andato in saturazione. La seconda caratteristica è che il massimo dell’emissione non viene raggiunto istantaneamente ma occorre un tempo di circa 0,5 secondi dal momento dell’aggiunta di acqua alla polvere, come si può vedere nel dettaglio grafico di seguito.

L’altra caratteristica interessante è l’andamento del decadimento nel tempo della luminosità. Disegnando il grafico in scala logaritmica si notano due tratti, il primo è caratterizzato da pendenza costante – che si traduce in decrescita esponenziale – il secondo tratto invece ha pendenza diversa e non costante.

Per il primo tratto della curva il fitting esponenziale “calza a pennello”. Il decadimento esponenziale è caratteristico dei sistemi del primo ordine (il decadimento radioattivo è un esempio) nei quali la velocità di reazione – che è proporzionale alla intensità della luce emessa – è proporzionale alla concentrazione del reagente, nel nostro caso la luciferina. Questo è in accordo con l’ipotesi iniziale che vedeva l’enzima luciferasi non consumarsi durante la reazione.

Naturalmente la situazione – e la reazione chimica – è più complessa, perché vede la partecipazione di altri reagenti (ATP,O2) e prodotti intermedi. Infatti l’andamento complessivo non può essere approssimato soltanto con una curva a decrescita esponenziale.

A seguito di queste prove possiamo dire che la nostra strumentazione si è dimostrata adatta ad effettuare misure quantitative su sorgenti luminose di intensità molto bassa.

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