Detector di Radiazioni KVANT

Abstract : in questo Post prendiamo in esame un rilevatore di radiazioni a stato solido. Si tratta di una struttura di silicio che segue lo schema del diodo PIN ed è ottimizzata per la rilevazioni di radiazioni gamma. Dopo una breve introduzione sulla tecnologia della struttura PIN, passiamo a descrivere l’elettronica di front-end utilizzata per l’acquisizione degli impulsi. Nella ultima parte mostriamo alcuni esempi di impulsi ed i risultati dei test effettuati.

Introduzione

Un Diodo PIN (diodo tipo-p, intrinseco, tipo-n) è un diodo con una larga regione di materiale semiconduttore intrinseco (non drogato) contenuta tra un semiconduttore di tipo p e un semiconduttore di tipo n.
Il vantaggio di un diodo PIN è che la regione di carica spaziale esiste quasi esclusivamente all’interno della regione intrinseca, che presenta una larghezza costante (o quasi costante) indipendentemente dalla tensione applicata al diodo. La regione intrinseca può essere realizzata larga a piacere, aumentando così il volume in cui le coppie di elettrone–lacuna possono essere generate.
La generazione dei portatori di carica all’interno della regione intrinseca può avvenire grazie alla radiazione luminosa incidente. Per queste ragioni, molti foto-sensori sono basati su di un diodo PIN. Oltre alla radiazione luminosa i portatori di carica possono anche venire generati da radiazione gamma o da radiazione X : per questo motivo un diodo PIN può venire utilizzato anche come rilevatore a stato solido di radiazione.

Interazione con la Radiazione

La particella ionizzante entra nell’area sensibile e produce nel suo passaggio svariate centinaia di coppie elettrone/lacuna che vengono raccolte dal catodo/anodo del diodo e producono il segnale. Diamo alcuni dati ricavati dalla letteratura sui sensori a stato solido:

Silicio Band Gap = 1,115 eV
Energia per la produzione di una coppia e/h (300°K)  = 3,62 eV
Potere di ionizzazione di un elettrone = 80 e/μm

Come si può vedere dai dati sopra riportati, un elettrone che percorre 100 μm produce circa 8000 portatori di carica e quindi un segnale facilmente rilevabile. Il segnale prodotto dalla interazione dell’elettrone nella zona sensibile del fotodiodo dipende quindi principalmente dalla energia dell’elettrone. Vi è però un valore massimo dell’energia che un elettrone può rilasciare ed è legato allo spessore della zona attiva, oltre questo valore l’elettrone non può depositare tutta la sua energia perché esce dalla zona attiva.

Nella immagine sotto si può vedere il detector “Kvant” basato su diodo PIN che abbiamo ricevuto dalla Micod (detector fabbricato da AlexDetector).

Caratterizzazione del Detector

Il detector è costituito da un diodo di silicio (dimensioni 1mm3) inserito all’interno di un supporto ceramico, come si vede nel disegno sotto :

Trattandosi di un diodo PIN, il detector va utilizzato polarizzandolo inversamente. I dati di targa danno una tensione di polarizzazione massima di 60V, mentre la capacità parassita del sensore, molto contenuta, vale soltanto circa 1,5pF. La dark current dipende dalla Vbias e varia da 0,1nA fino ad un massimo di 100nA.
Aumentando la tensione inversa di polarizzazione otteniamo il vantaggio di diminuire la capacità parassita del diodo ma aumentiamo la dark current : la polarizzazione di lavoro del sensore si colloca a “metà strada” a circa 30V.

  • Vbias max (reverse) = 60V
  • Vbias work (reverse) = 30V
  • C = 1,5pF
  • I dark = 0,1 – 100nA

Elettronica di Lettura

Per misurare l’impulso di corrente prodotto dal sensore è necessario avere una “catena di amplificazione” composta da un charge sensitive amplifier (CSA) seguito da uno shaping amplifier (SA). Abbiamo utilizzato i componenti α-CSA ed SA forniti sempre della Micod.
L’abbinamento tra il rivelatore e il pre-amplificatore definisce il livello di rumore del sistema di spettroscopia, pertanto per queste applicazioni è richiesta la migliore prestazione di rumore del pre-amplificatore associato.
Generalmente, un transistor ad effetto di campo, viene utilizzato come dispositivo di input. Il pre-amplificatore di carica utilizza un condensatore di retroazione Cf e, in questo caso, anche un resistore di retroazione Rf. Il condensatore di retroazione viene caricato dall’impulso iniettato dal rilevatore e scaricato immediatamente attraverso il resistore di retroazione. Un inconveniente del resistore di retroazione è che è un’ulteriore fonte di rumore.
Quando la radiazione ionizzante o una particella colpisce l’area attiva del silicio, l’amplificatore di carica (CSA) riceve una carica Q in ingresso, la converte in un impulso di tensione e quindi la amplifica. Il segnale in uscita dal CSA ha un fronte di salita rapido ed un decadimento esponenziale. Il fattore di amplificazione del circuito è:

V = Q/Cf

mentre la costante del decadimento esponenziale vale: τ = RfxCf

Il CSA Micod ha i seguenti valori :
Cf = 1 pF
Rf = 100 MΩ

Dopo il CSA è necessario inviare il segnale ad uno shaper amplifier (SA) il quale processa l’impulso amplificandolo e rendendolo simile ad un impulso gaussiano. Lo shaper amplifier migliora notevolmente il rapporto segnale – rumore e rende il segnale adatto ad essere inviato ad un apparato di conteggio, oppure ad un convertitore ADC con lo scopo di acquisire lo spettro gamma. Il SA Micod ha uno “shaping time” di circa 10 μs.
L’immagine sotto mostra i moduli, a destra il modulo α-CSA utilizzato con il Kvant detector, a sinistra il modulo alternativo CSA 250. I risultati migliori sono stati ottenuti con il modulo α-CSA.

Stesso setup con una sorgente gamma campione a contatto con il rivelatore.

Gli impulsi prodotti dal rivelatore sono molto deboli e quindi necessitano di elevate amplificazioni e soprattutto del migliore rapporto segnale/rumore. Per questo motivo è buona cosa inserire tutta la parte elettronica all’interno di una scatola metallica in modo da schermare i circuiti da eventuali disturbi elettromagnetici. Anche una scatola di alluminio “usata” può fare al caso nostro, come si vede nella immagine sotto.

Esempi di Impulsi

Gli impulsi prodotti dal detector e successivamente amplificati dalla catena CSA – SA sono mostrati nelle immagini sotto ottenute dall’oscilloscopio. La durata dell’impulso è di circa 20μs, la forma è gaussiana e l’ampiezza varia da un minimo di circa 30mV fino ad oltre 100 – 200mV. L’impulso può essere facilmente inviato ad un contatore per la misura dell’intensità della radiazione.
L’ampiezza dell’impulso è ragionevolmente correlata alla energia del quanto di radiazione, vi è quindi la possibilità di acquisire gli impulsi attraverso un multichannel analyzer per ottenere uno spettro energetico della radiazione.

Alcune Misure Quantitative

Abbiamo testato il detector con tre differenti sorgenti campione : Cs137 (γ – 0,25μCi), Na22 (γ – circa 0,5μCi) e Sr90 (β – 0,1μCi), sotto mostriamo le tre sorgenti.

La sorgente campione è stata posta a contatto con il rivelatore, all’interno della scatola metallica l’uscita dell’amplificatore è stata collegata al contatore, soglia impostata a 30mV, come mostrato di seguito.

I risultati dei conteggi sono i seguenti :

Sorgente CPM Sigma
Sr90 β – 0,1μCi 98 4
Na22 γ – 0,5μCi 31 2
Cs137 γ – 0,25μCi 11.7 1

Si noti il valore piuttosto elevato ottenuto per la sorgente beta. Il detector PIN è molto sensibile alla radiazione beta ed il rivestimento ceramico non è uno schermo così efficiente da bloccarla completamente.

Conclusioni

Abbiamo testato il nuovo detector “Kvant”, basato su diodo PIN, con due sorgenti gamma ed una sorgente beta. I risultati sono interessanti, il detector è sensibile sia alla radiazione gamma che alla radiazione beta. Date le dimensioni ridotte del cristallo e le caratteristiche intrinseche del silicio la sensibilità sui gamma è relativamente ridotta mentre è maggiore per la radiazione beta.
Il sensore è stato accoppiato con l’amplificatore di carica della Micod. L’integrazione del sensore con l’elettronica di front-end, in un unico dispositivo, permetterebbe la creazione di un buon detector “tascabile” per radiazioni gamma e beta.

Rimane da testare la risposta del sensore ad altre radiazioni come neutroni o adroni (ioni pesanti) per verificarne l’utilizzo anche in questi casi.

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