Amplificatore Lock-in

Introduzione

Un lock-in amplifier (conosciuto anche come phase-sensitive detector) è un tipo di amplificatore che può estrarre un segnale con una portante conosciuta da un ambiente estremamente rumoroso. È essenzialmente un analog multiplier seguito da un filtro passa basso. I lock-in amplifier convertono quindi il segnale ad alta frequenza in una componente DC o comunque a frequenza molto bassa.

I lock-in amplifier sono molto usati per misurare i segnali coperti da rumore. Per ottenere ciò è necessario usare un filtro a banda molto stretta che rimuove il rumore indesiderato e lascia passare il segnale che deve essere misurato. La frequenza del segnale che viene misurato e quindi anche la regione passa-banda del filtro è stabilita dal segnale di riferimento, che deve ovviamente essere alla stessa frequenza della modulazione del segnale da misurare.

L’immagine sotto mostra lo schema di principio del lock-in amplifier : il segnale A è modulato a frequenza f = ωt e viene miscelato tramite un analog multiplier con un riferimento che ha la medesima frequenza. Facendo passare l’uscita del moltiplicatore attraverso un filtro passa-basso si elimina la componente ad alta frequenza e rimane così una uscita proporzionale al segnale iniziale A, filtrato dal rumore.

Segnale modulato : x(t) = A cos(ωt) 
Riferimento modulante : m(t)=B cos(ωt)

z(t) = x(t) m(t) = A cos(ωt) B cos(ωt) = AB/2 cos((ω-ω)t) + AB/2 cos((ω+ω)t)
=
AB/2 cos(0) + AB/2 cos(2ωt)

La componente a frequenza 2ω viene filtrata dal filtro passa-basso. L’output y(t) sarà quindi dato da :

Se x(t) e m(t) hanno la stessa fase -> y = AB/2
Se hanno fasi diverse -> y = AB/2 cos(Φx – Φm)

L’output del lock-in amplifier è quindi un segnale continuo proporzionale alla ampiezza del segnale in input, filtrato dal rumore. E’ importante che che la differenza di fase tra segnale e riferimento sia nulla o almeno costante nel tempo.

L’idea essenziale nella ricostruzione del segnale è che il rumore elettrico è distribuito su un ampio spettro, molto più ampio di quello del segnale da misurare. Nel semplice caso di un rumore bianco, anche se il valore efficace del rumore è 106 volte più grande del segnale da ricostruire, se la banda dello strumento di misura può essere ridotta di un fattore maggiore di 106 intorno alla frequenza del segnale, la ricostruzione può essere effettuata. Ad esempio in un sistema con banda di 100 MHz (un tipico oscilloscopio), un filtro con una banda di 100 Hz risulta sufficiente.
In pratica, anche se il segnale e il rumore sono indistinguibili nel dominio del tempo, se il segnale ha una frequenza ben definita e non ci sono picchi di rumore nei dintorni di tale banda, il rumore e il segnale possono essere separati abbastanza efficientemente nel dominio della frequenza.

La realizzazione del moltiplicatore può essere semplificata adottando lo schema di base mostrato sotto :

In questo schema il segnale di riferimento è costituito  da una onda quadra a valore medio nullo, con stessa frequenza e fase del segnale. L’onda quadra pilota uno switch che instrada il segnale verso un buffer normale sulla semi-onda positiva e verso un buffer invertente sulla semi-onda negativa. Le uscite dei buffer vengono poi sommate. L’onda quadra può facilmente essere ottenuta a partire dalla portante modulante attraverso un circuito comparatore (ad esempio un trigger Schimtt). Quello che si ottiene è l’equivalente della moltiplicazione analogica ma in modo più facile da realizzare.

Amplificatore Lock-in AD630

L’amplificatore lock-in che abbiamo utilizzato è mostrato nella immagine di copertina. Si tratta di un amplificatore “made in china” che si trova facilmente online a prezzi bassi. E’ basato sul chip AD630, il quale costituisce il cuore dell’apparecchio. Gli altri componenti a contorno sono un preamplificatore per il segnale in input ed il filtro passa-basso butterworth del quarto ordine.

L’immagine sotto mostra lo schema a blocchi del chip AD630, dove si possono notare i due canali A e B (per il segnale e per la portante), il comparatore con lo switch analogico ed il buffer di uscita che provvede alla somma dei due segnali. Il chip AD630 realizza lo schema semplificato descritto sopra.

Con il chip AD630 si possono realizzare svariati circuiti in diverse configurazioni, quello riportato sotto è lo schema di principio dell’amplificatore lock-in con uno stadio di preamplificazione in ingresso ed il filtro passa-basso in uscita.
Il nostro apparecchio “made in china” segue presumibilmente uno schema molto simile a questo.

Alla scheda viene portato il segnale (Signal In) ed il riferimento (Reference), come mostrato nella immagine sotto :

L’uscita della scheda viene portata ad un ulteriore stadio di filtraggio passa basso e post amplificazione in modo da migliorare il segnale di uscita :

Applicazioni

Per provare l’amplificatore abbiamo utilizzato una semplice applicazione di test che consiste nel misurare il valore di una piccola resistenza, ad esempio 1 Ω oppure 0,1 Ω, attraverso lo schema seguente :

Il segnale di riferimento è una onda quadra con ampiezza 1 V, la resistenza serie Rc vale 1 KΩ, il segnale per l’amplificatore viene prelevato ai capi della resistenza Rx, ad esempio 1 Ω, in questa situazione il segnale su Rx ha ampiezza di 1 mV. Se la resistenza fosse ancora più piccola, ad esempio 0,1 Ω, il segnale avrebbe ampiezza di appena 100 μV.
Valori simili sono difficili da misurare in maniera precisa a causa del rumore elettronico che ha un valore efficace maggiore.
Le immagini sotto mostrano il tracciato del segnale di riferimento ed il tracciato del segnale prelevato dal resistore Rx. Si vede come il segnale ha un valore di rumore che rende praticamente impossibile qualsiasi misurazione.

La tecnica dell’amplificatore lock-in ci viene però in “soccorso”. Per migliorare l’output finale utilizziamo un amplificatore aggiuntivo che amplifica l’uscita del lock-in di un fattore 100, che aggiunto al guadagno proprio porta un gain totale di circa 1000.
L’immagine sotto mostra al centro l’amplificatore lock-in ed in basso il post-amplificatore, in alto a sinistra c’è la basetta con la resistenza da misurare. L’immagine successiva mostra la fase della misura della resistenza da 1 Ω, nella quale viene generata una tensione d’uscita pari a 1374 mV.

Naturalmente la nostra tecnica di misura ha bisogno di una fase di calibrazione, che effettuiamo con tre resistenze calibrate aventi valore di 0,1, 0,2 e rispettivamente 0,3 Ω.
I risultati sono mostrati nel grafico sotto che ci permette di apprezzare il legame lineare tra R e Vout in uscita dall’amplificatore

Dalla relazione di calibrazione possiamo calcolare il valore di resistenza corrispondente al valore di 1374 mV, ottenuto nella misura della resistenza dal valore nominale di 1 Ω. Dal calcolo otteniamo il valore di 1,009 Ω che bene si accorda al valore nominale.

Conclusione

Questa semplice applicazione ci ha permesso di testare il funzionamento dell’amplificatore lock-in “made in china”. L’apparecchio, a dispetto della sua semplicità e basso costo, ha dimostrato di essere utilizzabile laddove sia possibile modulare il segnale, con lo scopo di estrarre il segnale anche in presenza di forte rumore.

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