Diffrazione Bragg

La diffrazione di Bragg (anche chiamata formulazione di Bragg della diffrazione a raggi X) fu proposta per la prima volta da William Lawrence Bragg e suo padre William Henry Bragg nel 1913 in risposta alla scoperta che i solidi cristallini producevano sorprendenti configurazioni di raggi X riflessi (in contrasto ad esempio a quella prodotta da un liquido). Hanno scoperto che questi cristalli, a certe specifiche lunghezze d’onda ed angoli incidenti, producevano picchi intensi di radiazione riflessa.

Sir William Lawrence Bragg ha spiegato questo risultato modellando il cristallo come un insieme di piani paralleli separati da un parametro costante d. È stato proposto che la radiazione incidente a raggi X produce un picco di Bragg nel caso in cui le riflessioni dai vari piani interferiscono costruttivamente. L’interferenza è costruttiva quando lo sfasamento è multiplo di 2π; questa condizione può essere espressa dalla legge di Bragg (si veda la sezione sulla condizione di Bragg più avanti) e fu presentata per la prima volta da Sir William Lawrence Bragg l’11 novembre 1912 alla Cambridge Philosophical Society. Sebbene semplice, la legge di Bragg ha confermato l’esistenza di particelle reali sulla scala atomica, oltre a fornire un nuovo potente strumento per studiare i cristalli sotto forma di diffrazione di raggi X e neutroni.

Sir Lawrence Bragg ha supporto che gli atomi di un cristallo come il cloruro di sodio o il fluoruro di litio fossero disposti in uno schema tridimensionale cubico e regolare, come illustrato nell’immagine qui sotto.

Possiamo calcolare la distanza tra due piani adiacenti del cristallo nel modo seguente : la massa della molecola di LiF è M/N Kg, dove M è il peso molecolare (25.939 x 10-3 kg per mole) ed N è il numero di Avogadro (6.02 x 1023 molecule per mole). Il numero di molecole per unità di volume è Mρ/N molecule per metro cubo, dove ρ è la densità (2.64 x 103 kg m-3).
Dato che LiF è un cristallo biatomico, il numero di atomi per unità di volume vale 2ρN/M atomi per metro cubo. Quindi la distanza tra atomi adiacenti, d nel reticolo si deriva dalla equazione :

d3 = 1/(2ρN/M)  or d = ³√(M/2ρN) = 0.2013 nm

La prima condizione per avere una “riflessione” Bragg è che l’angolo di incidenza θ eguagli l’angolo di riflessione – così come nella riflessione ottica, da cui deriva anche che il rivelatore per i raggi riflessi deve posizionarsi ad un angolo 2θ, quindi lo spettrometro è caratterizzato dal rapporto 2:1.
La seconda condizione è che le riflessioni da diversi strati devono sommarsi costruttivamente in fase :

2d\sin \theta =n\lambda \,,

Con il nostro diffrattometro misuriamo la radiazione dispersa da un monocristallo di fluoruro di litio LiF, come raffigurato nella immagine sotto.

Per eseguire l’esperimento, montiamo il cristallo di fluoruro di lito nel porta-cristallo assicurandosi che la faccia maggiore si trovi nella posizione riflettente. Montiamo verticalmente il collimatore da 1 mm sul raggio primario sulla cupola di protezione e montiamo sul braccio del carrello il collimatore a fessura da 3 mm ed il collimatore a fessura da 1 mm e successivamente il rilevatore geiger dietro la fessura da 1 mm.
Usando un ratemeter muoviamo il braccio del carrello dalla sua impostazione minima (circa 12° 2θ) alla massima impostazione (circa 120° 2θ), registrando l’intensità in conteggi per secondi (CPS) a intervalli di 1°. Laddove il rateo di conteggio appare al picco, misuriamo ad intervalli di soli 10′ di arco usando la rotella zigrinata, ad ogni picco, misuriamo e registriamo il massimo di conteggio e l’angolo 2θ nel modo più preciso possibile. L’immagine sotto mostra la configurazione.

Il grafico sottostante mostra i risultati ottenuti con il cristallo LiF e il tubo a raggi X azionato a 30 KV e 50 μA. È possibile riconoscere quattro picchi principali: i primi due corrispondono alla prima riflessione di Bragg per le emissioni del rame Kα e Kβ, mentre la seconda serie di picchi corrisponde alla seconda riflessione. Intorno ai 20 ° e 30 ° c’è la dispersione dell’emissione continua del tubo a raggi X a maggiori energie.

Cambiando l’alta tensione: 20 KV invece di 30 KV, possiamo ottenere un spettro leggermente diverso, mostrato nella immagine qui sotto. Si può vedere che l’intensità dei picchi è ridotta (anche la parte continua) ma non la posizione angolare dei picchi.

Per avere un’emissione di raggi X quasi monocromatica è possibile utilizzare un filtro che assorba in modo selettivo le lunghezze d’onda dei raggi X più corte o più lunghe rispetto alla lunghezza d’onda di emissione principale di Kα. Ciò può essere ottenuto con un filtro  costituito da una sottila lamina di Nickel che assorbe principalmente lunghezze d’onda più corte e ha un minimo nell’assorbimento corrispondente all’emissione principale di Kα. Lo spettro dei risultati è mostrato nel grafico sottostante dove si può vedere che il picco Kβ è stato notevolmente ridotto.

Dalla legge di Bragg possiamo calcolare la lunghezza d’onda della radiazione X utilizzando la formula seguente :

λ = 2d sinθ / n

Inseriamo i dati ottenuti per ognuno dei quattro picchi presenti nel grafico, nella tabella seguente :

Peak 2θ (°) θ (°) senθ 2d (nm) n λ (nm) λ (KeV)
 1  40.17  20.085  0.3434  0.4026  1  0.1383  8.96
 2  44.83  22.415  0.3813  0.4026  1  0.1535  8.08
 3  87.67  43.835  0.6926  0.4026  2  0.1394  8.89
 4  100  50  0.7660  0.4026  2  0.1542  8.04

Calcolando la media otteniamo :

Kα = 0.154 nm = 8.06 KeV
Kβ = 0.139 nm = 8.92 KeV

Diffrazione LiF con il Diffrattometro DIY

Abbiamo fatto le stesse prove con il nostro diffrattometro DIY basato su di un tubo X con anodo in germanio : l’immagine sotto mostra il setup della strumentazione.

Sotto c’è lo spettro ottenuto. Abbiamo ottenuto intensità minori ma, nonostante l’apparato semplicistico e forse ingenuo, i picchi sono chiaramente visibili.

I dati delle misurazioni vengono inseriti nella seguente tabella :

Peak 2θ (°) θ (°) senθ 2d (nm) n λ (nm) λ (KeV)
 1  32  16  0.276  0.4026  1  0.111  11.2
 2  36  18  0.309  0.4026  1  0.124  10

Kα = 0.124 nm = 10 KeV
Kβ = 0.111 nm =  11.2 KeV

Conclusioni

I risultati sono in buon accordo con i dati di letteratura.

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